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La tempesta

La tempesta

Pollenza

Prospero, Duca di Milano, viene spodestato dal geloso fratello Antonio, che, aiutato dal Re di Napoli, Alonso, lo fa allontanare insieme alla figlioletta Miranda di tre anni. Da qui inizia il racconto, dall’isola dove sono stati esiliati da circa dodici anni. Prospero e Miranda non sono, però, gli unici abitanti di questo luogo remoto. A popolarlo c’è, innanzitutto, Caliba-no, un essere che lo stesso autore definisce “non onorato con forma umana”. Il deforme o, meglio, come suggerisce Giorgio Streheler, il “difforme”. Una creatura figlia del demonio e di una strega. Orribile groviglio di sangue e natura aspra. Essere spregevole perché primordiale. Indigeno perché pri-gioniero. Repellente perché sconosciuto. Al suo opposto troviamo l’altro es-sere che vive sull’isola. Ariel, spirito dell’aria, liberato da un sortilegio che lo teneva imprigionato nel tronco di un albero. Terra, aria, condanna, prigio-nia, metafisica, cabala. La vicenda parte da una tempesta che fa naufragare su questa stessa isola Antonio, Alonso e i loro rispettivi equipaggi. Quasi per una coincidenza o, molto più probabilmente, per una improrogabile neces-sità della Storia, questi due mondi sono obbligati a scontrarsi. Prospero, al centro, medita vendetta per le ingiustizie subite, ma è, ormai, un abitante di quel posto remoto e mai nominato. L’incontro o lo scontro non diventa mai un confronto tra civiltà, ma un discorso alto sulla conduzione della vita e su quel dipanarsi dei rapporti che, spesso, noi abbiamo fretta nel definire.

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